Premessa
Siamo ad Aprile 2020, in isolamento a causa della pandemia mondiale di Covid19, un’esperienza che purtroppo cambierà le nostre vite per sempre. Scrivendo in chat con persone varie tra gruppi di amici e pescatori, riscopro foto salvate negli anni dei barbi pescati a mosca: che bei ricordi! Quindi, avendo stranamente tanto tempo a disposizione, decido di scrivere questo articolo per il blog, che credo sarà molto utile specialmente a chi, come me fino a 5 anni fa, si chiede: ma come si fa a pescare i barbi a ninfa?
Vi accompagnerò in questo racconto, fatto sia di aspetti tecnici, sia di un lato emozionale vissuto di persona e fortunatamente potuto condividere con alcuni amici pescatori!
Pescavo già a mosca da qualche anno, quando mi misi in testa di riuscire a capire come catturare almeno uno dei bellissimi barbi che popolavano il fondale del fiume Taro. Questo è stato il fiume in cui ho iniziato a pescare a mosca, pescando le cheppie. Ma di questo parlerò in un altro articolo, ora torniamo ai barbi.
Chiedendo in giro ad amici e conoscenti, che pescavano negli spot più vari tra torrenti e fiumi di montagna, e leggendo sul web che bastava far arrivare le ninfe sul fondo, provai con la classica montatura da ninfa per le trote. Grosse ninfe piombate per andare giù il più possibile, cambiando colori e dimensioni ma nulla per ben 3 anni! E continuavo a chiedermi: ma perché? Perché gli altri ce la fanno e io no? Perché la fanno così facile e dicono che basta andare sul fondo con gli artificiali?
Beh, il discorso è più complesso e articolato di quel che si può immaginare, intanto bisogna differenziare quelli che sono i barbi “nostrani” ovvero il Barbo Comune o Barbo Padano (Barbus Plebejus), da quelli che io mi trovavo ad affrontare, ovvero il Barbo Spagnolo o Barbo Iberico. Poi va anche fatto un discorso di fondale e ambienti, tra un fiume di fondovalle a carattere in certi tratti ancora torrentizio, dove i barbi vivono in promiscuità con trote e temoli, ed un fondale di fiume della bassa padana a regime ciprinicolo. I barbi nel mio obiettivo infatti, erano in parte pesci stanziali del fiume, ma in grossa parte pesci che risalgono dal fiume Po insieme a siluri e cheppie, in primavera per la riproduzione, per poi ritornare da dove son venuti col calare dei livelli in estate.
Poi come dicevo qualche riga sopra per il discorso del fondale, il barbo deve essere “a tiro” di canna da mosca. Il Taro in Marzo, Aprile, Maggio si presenta anche con fondali ben oltre il metro, con acqua veramente molto veloce (scioglimento neve dell’appennino). Quindi, anche se si riescono ad intravedere sul fondo, non è affatto facile far si che la ninfa passi all’altezza della loro bocca. Perché fondamentalmente il trucco è tutto lì: portare l’artificiale esattamente contro la bocca del pesce, anche pochi centimetri di distanza fanno la differenza tra successo e fallimento! Così iniziando a ragionare con l’amico Carlo, sempre il solito, si lui: il pescatore da salt water che ogni tanto si fa convincere da me medesimo ad affrontare anche pesci d’acqua dolce! Abbiamo iniziato ad analizzare più che il “come fare”, il “dove stavo sbagliando”, abbiamo provato ad incrociare le nostre esperienze e fonti: lui aveva già avuto alcune catture sporadiche pescando a scendere con coda affondante facendo lavorare così gli artificiali sul fondo, ma non a ninfa come intendevamo noi. Io quando pescavo ancora a spinning ho ricordi di aver catturato i barbi anche con un Mepps rotante quando l’artificiale finiva vicino al fondo. In più, diversi pescatori a mosca che in primavera raggiungono il Taro per pescare le cheppie, pescando con code molto affondanti, li catturano! Quindi il pesce attacca, non è prettamente un discorso di esca, dovevamo riuscire a prenderli a ninfa!
E qui entrano in gioco tre elementi: ricerca, strategia, approccio. Ora li analizzeremo step by step.
Spot ideale e periodo
Dovevamo cercare gli spot più adatti alla nostra tecnica, che in questo caso, presenta dei grossi limiti rispetto a chi riesce a pescare i barbi in passata alla Bolognese.
Serve uno spot in cui il barbo non è ne troppo lontano dalla punta della canna, sia uno spot non profondo oltre il metro e mezzo, perché dopo si perde oltre che la visibilità anche il controllo e non si riesce ad andare in bene in pesca. Quindi l’ideale sono o le teste o le parti finali delle pool, oppure raschi non troppo veloci o buche medio piccole, non troppo profonde per l’appunto. Per quanto riguarda lo spot e la ricerca, nel nostro caso entra in gioco anche il fattore periodo, visto che trattandosi di pesci di risalita, non avevamo purtroppo tutto l’anno a disposizione per studiarli, come invece potrebbe essere in spot in cui i barbi restano stanziali durante tutto l’anno. Anche il fatto di affrontare un fiume che risente dello scioglimento delle nevi in primavera e della secca estiva, ha inciso molto sulla nostra esperienza. Infatti il “momento buono” si concentra in pochi giorni/settimane all’anno ovvero quando il livello non è ne troppo alto da poterlo affrontare a mosca, ne troppo basso da far riscendere i barbi nel Po.
Attrezzature
Una volta capito dove pescarli, Carlo ha letteralmente sfilato l’asso dalla manica, con il “finale perfetto” per quel pesce, nel nostro fiume. Bisognava lavorare a “L” tra la punta della canna e il fondale.
Non si utilizza la coda di topo, ma solo il filo di nylon per poter entrare meglio, più velocemente e direttamente in pesca.
Quindi la coda resta tutta all’interno del mulinello, e da lì parte il seguente finale:
- Un finalone di 9mt circa, che parte dallo 0,50-0,45 e arriva fino allo 0,25-0,20.
- A circa 2 mt dalla fine, si fa una prima asola alla quale si mette un piccolo moschettone.
- Al moschettone si inseriscono piombini a piacimento in base alla corrente e profondità dello spot (nel nostro caso da 1 a 3 gr) (si parla di piombini sferici ai quali si schiaccia all’interno un fil di ferro a “U” per formare l’anello per poterli inserire nel moschettone).
- Da quel che resta del finale tra l’asola del moschettone e la punta, si fanno 3 asole: una a 50 cm dal moschettone, un’altra ad altri 50 cm da quella precedente, e una in punta.
- A queste 3 asole si attaccano 3 bracciolini di nylon o fluorocarbon dello 0,18 lunghi circa 7-10cm (non di più) ai quali si attaccano le ninfe (questo ovviamente in acque dove è possibile pescare con più di 2 ami legati alla lenza).
I braccioli (tippet) si tende a tenerli più sottili rispetto al “troncone” centrale così che se una ninfa o perdigones si incaglia sul fondo e dobbiamo strappare, non perdiamo tutta la montatura ma solo un’artificiale ed un bracciolo.
Per quanto riguarda canna e mulinello, l’ideale è una canna 9’ o 9’6” per coda #4 o #5 , perché serve un compromesso tra una canna che sia abbastanza potente per contrastare questi veri e propri treni, e allo stesso tempo sensibile per sentire il fondo. Poi le abbiamo provate tutte, canne 10’ e 11’ anche per coda #3 e #4, ci si riesce benissimo ma poi diventa difficile portarli a guadino. Anche una canna per coda #6 è ottima, anche se inizia leggermente a perdere di sensibilità in punta per fare questa pesca.
Il mulinello deve avere una frizione funzionante perfettamente, ed a piacimento si può mantenere la coda oppure caricarlo di solo backing e finalone.
Cosa importantissima: munirsi di un bel guadino largo! Questo pesce quando inizia a sentire “il sottile” della riva inizia a fare il matto, quindi un bel guadino grande ci aiuterà sicuramente!
Ultima cosa, che può sembrare scontata per chi già pratica la pesca a mosca: un ottimo paio di occhiali polarizzati.
Artificiali
Abbiamo testato positivamente un pò di tutto, capendo che non è solo la mosca in sé a fare la differenza, ma il far arrivare alla bocca correttamente gli artificiali.
Imitazioni di vermi, ninfe con pallina arancio fluo, classiche ninfe anche da trota, Squirmy. Sono tutti dressing che vanno benissimo.
Le mosche artificiali per la pesca in questo spot le trovi ai seguenti link:
https://lavezzinifly.it/it/product?lavezzinifly-barbel-nymph-kit-24071
https://lavezzinifly.it/it/product?lavezzinifly-nymph-kit-18023
I modelli specifici più utilizzati sono i seguenti:
https://lavezzinifly.it/it/product?lavezzinifly-nymph-jig-brown-orange-18337
https://lavezzinifly.it/it/product?lavezzinifly-nymph-worm-18402
https://lavezzinifly.it/it/product?lavezzinifly-nymph-m-n-special-grayling-18358
Approccio
L’approccio mantenuto alle prime volte, è lo stesso poi che abbiamo continuato a portare avanti anche in futuro: entrare in fiume lentamente, possibilmente dietro/lateralmente al pesce, diciamo con un angolo di 45° rispetto ad esso. Poi “lanciando” o meglio posando le ninfe a monte, si mantiene la punta della canna a monte del pesce per più tempo possibile, in modo da far affondare le ninfe prima del punto in cui si trova il barbo. Si continua a mantenere il controllo durante tutta la passata, “sentendo” in canna praticamente ogni singolo sasso sul fondo. Poi quando il finale si ferma, per il primo mezzo secondo è difficile distinguere se è per il fondo o per il pesce, ma dopo l’altra metà di secondo, se è il pesce si sente eccome! Il finale inizia a cambiare rotta ed è strike!
Racconto
Era un caldo e soleggiato pomeriggio di Maggio 2015 quando è arrivata la prima cattura, per lui Carlo, quasi mi metto a piangere: quindi si, riusciamo a prenderli anche noi i barbi! Questi barbi! Dopo di che è arrivata la mia volta, e finalmente avevo uno di quei treni in canna! Che spettacolo! Una volta capito come fare, ho ed abbiamo, fatto catture anche “alla cieca”, ovvero sapendo della presenza certa dei barbi in quello spot, e facendo le passante sul fondo in prossimità delle zone di stazionamento, gran successi! Da lì è stato tutto in discesa: ora che avevamo capito il giochino, bisognava affrontare spot anche più ardui e capire quale fosse il setup di attrezzature più adeguato.
Parla Carlo:
“ Dopo essermi sentito al telefono con Matteo, che ha avuto questa bellissima iniziativa di stendere un bell'articolo che racconta di pesca a ninfa del barbo, l'ho praticamente obbligato a ritagliarmi un angolino personale per raccontare alcuni aneddoti di quella bellissima giornata. Volevo completare questo articolo condividendo con lui, e con voi che mi leggete, di questa esperienza e momento che abbiamo condiviso insieme, uno dei tanti capitati a coronare quella che considero una delle più grandi amicizie di pesca e non solo.
24/05/2015
Sveglia prima dell'alba per un “tentativo qualsiasi” su una risalita mattutina delle cheppie in Taro. Sono sullo spot al momento giusto, con alcuni altri pescatori, tutti intenti a cercare di catturare qualche cheppia, le quali si fanno piuttosto desiderare anche a causa dei livelli in calo. Dopo una mattinata a smanacciare con la #10 ricavandone poco più che uno “scappotto”, noto poco distante da me un branco di barbi. Immediatamente, nelle mia testa riecheggia la voce di Matteo, così desideroso di concretizzare la cattura di uno di questi pesci che ancora manca all'appello dei pesci catturati a mosca. A dire il vero, manca anche a me personalmente non fosse altro per alcune accidentali catture che possono avvenire in questo periodo. Le cheppie oggi non risalgono, quindi che si fa? Dopo qualche momento di esitazione, mi ricordo di avere in un angolo del mio baule una canna che potrebbe adattarsi a qualche esperimento, quindi corro alla macchina per depositare la #10 e me ne torno con una 9' #5 alla quale collego una ninfa, poco convinto di cosa realmente si potesse fare. Mi rendo presto conto che non sono assolutamente in pesca, e pur cambiando la tipologia di ninfe e soprattutto il peso notavo che la presentazione non era efficace o in profondità, o in naturalezza. Qualche riflessione sul mio set-up e mi convinco a montare 3 mosche, di cui quella del primo bracciolo decisamente molto pesante e le ultime due decisamente leggere e naturali. Mi riposiziono e lancio a monte del branco, seguo la passata fino a quando il trenino arriva in prossimità del branco, e qui avverto uno stop deciso del finale al quale rispondo subito con una ferrata. Non ero pronto ad una simile reazione, il pesce parte velocissimo a monte e mi spacca quasi subito senza nemmeno lasciarmi modo di reagire. Ma qualcosa mi si era acceso, forse avevo davvero capito come fare! "Bene ragazzi, è solo rimandata!" mi dico, e torno a casa per mangiare e riposarmi dalla levataccia. Il pomeriggio però nella mia testa avevo troppi pensieri per riuscire a riposare e distogliere le mie attenzioni dalla mia trovata. Avevo la giornata libera, e dovevo tentare di nuovo perché sentivo che oggi sarebbe potuto accadere un qualcosa che da tanto tempo cercavamo io e Matteo. Mi cambio e ritorno giù. Parcheggio la macchina, mi preparo di fretta e vado alla pool con la sola canna "per i barbi" montata a dovere con alcuni dettagli (che troverete nella sezione dedicata). Mi riposiziono nello stesso punto di questa mattina e li aspetto...e loro si riposizionano sempre li. Qualche lancio per prendere le misure senza spaventarli, poi uno dritto al dunque. Di nuovo quello stop, di nuovo la mia ferrata avendo preventivamente già settato la frizione e pronto mentalmente a corrergli dietro. Parte lui, e di tutta risposta scatto anche io. Questa volta non mi ha colto impreparato, tira delle belle testate sul fondo alternate a fughe che ormai mi aspetto e riesco a gestire. Dopo alcuni minuti intensi ne avrò la meglio e lo adagerò sul giareto ancora bagnato. La foto di rito, con la canna appoggiata a fianco, e subito un Whatsapp a Matteo: "Barbi a ninfa: SI PUO' FARE!". Matteo nemmeno mi risponde al messaggio, mi chiama. Mi chiede spiegazioni e io gli dico che riceverà tutti i dettagli appena arriverà giù, perché tanto sapevo sarebbe arrivato. Il mio pomeriggio prosegue con ancora un paio di catture, ma improvvisamente, in lontananza, sento dei passi molto rumorosi e mi volto a guardare. Intravedo in lontananza Matteo di gran corsa che mi viene incontro. Appena arrivato, mi dice di volere le prove di come ho fatto, ancora incredulo. Ci appostiamo in due, attendiamo il formarsi del branco e nel mentre gli spiego come ho avuto successo, poi le mie parole ad annunciare l'azione: "Ora guarda". Lancio a monte, seguiamo il finale osservando a vista il barbo che scarta improvvisamente a ghermire la mia mosca. La ferrata, ma subito mi si slama. Poco male, Matteo è al settimo cielo e dichiara: “È lo stesso se si è slamato! Ho visto chiaramente! Ci sei riuscito! Sei riuscito a fare i barbi a ninfa!”. Questo pomeriggio proseguirà con altre 5 catture, di cui alcune finalmente anche da parte di Matteo dopo aver fatto tesoro di alcune osservazioni. Uno dei momenti che ricorderò con più grande piacere sarà proprio il suo primo barbo a ninfa. Dopo aver appurato che non si trattasse del fondo, bensì di un bel pesce, Matteo sfila di tasca il cellulare ed avvia la registrazione di un video. Gli chiedo se fosse sicuro di ciò che stava facendo, in acqua fino alla vita con in mano destra il cellulare e in mano sinistra la canna con un bel barbo incannato. Di tutta risposta mi dice che voleva immortalare quel momento e non gl'importava nulla se avesse perso il pesce. Tuttavia, questo pesce riusciremo a portarlo a guadino, un piccolo guadino che gli staccai dal gilet per tuffarmi sotto la testa del pesce e cercare di farlo entrare quanto più possibile vista la dimensione scarsa dell'attrezzo (che, da quel giorno, sempre gli rinfaccerò ricordandogli che il guadino vuole grande!). Le foto di rito, il rilascio ed i sorrisi di soddisfazione. Un giorno che ricorderemo per sempre. ”
Conclusione
Dopo tutta questa esperienza sui Barbi Spagnoli del Taro (o del Po se preferite), ho trovato molto più semplice l’approccio ai barbi anche in altri spot sia in Italia sia all’estero.
Mi sono divertito tantissimo con gli amici del gruppo Anglers sul fiume Brenta a Bassano del Grappa, lì ho trovato finalmente i Barbi “Nostrani”, dorati, bellissimi! In questo caso li ho pescati a ninfa classica come si pescano le trote, solo lasciando andare leggermente le mosche sul fondo senza l’utilizzo di piombini o pasta di tungsteno. Una libidine!
Poi ho trovato i barbi spagnoli, in compagnia di altri ciprinidi come carpe e cavedani anche sulla Savinja in Slovenia tra trote e temoli! (diciamo zona di confine tra acque ciprinicole e salmonicole).
E l’ultimo ad oggi che vi sto scrivendo, perfino in sorgiva! Si, sulla Lia e Piavesella ho avuto modo di pescare i barbi, in compagnia dell’amico Marco. Un esemplare femmina pazzesco che vi metto tra le varie foto che seguiranno.
La pesca a mosca del barbo come avete capito, seguendo alcuni consigli, non è così impossibile e credo che chi proverà, ne resterà affascinato proprio come è capitato a me! Poi si, se volete vederla sotto al punto di vista che non è pesca a mosca, ma fly fishing alternativo “pescando i pesci CON la canna da mosca” vi do pienamente ragione. Perché, almeno per come abbiamo imparato ad affrontare i barbi in Taro, è più simile ad una pesca al tocco che ad una pesca a ninfa. Ma poi quando lo incanni, hai un barbo anche sopra i 2kg attaccato alla canna da mosca! E lì si che devi correre!
Per pescare insieme e vivere queste emozioni vai alla pagina contatti.
Alla prossima :)
Matteo Lavezzini